TRIO. Nella maggioranza dei casi il test di paternità viene effettuato su tre soggetti: madre, figlio e presunto padre, secondo il principio, sopra enunciato, della condivisone di caratteri al 50% dalla madre (di provenienza certa) ed al 50% dal padre (da verificare con il test).
DUO. In determinate situazioni è però possibile eseguire positivamente accertamenti anche in assenza della madre, solo su padre e figlio; in ogni caso il consenso della madre è sempre necessario se il figlio è minorenne, mentre non necessario se è maggiorenne. Analogamente è possibile eseguire test di maternità, volto alla determinazione dell’esistenza di un rapporto di discendenza diretta tra la madre ed il figlio. In questi ultimi due casi l’accertamento è tecnicamente più laborioso ma i risultati sono gli stessi dell’accertamento eseguito su tre soggetti.
TEST IN GRAVIDANZA. Il test in gravidanza tecnicamente presenta il problema del prelievo transaddominale di liquido amniotico o di villi coriali che sono tessuti di origine fetale. Tale procedura ostetrica deve essere attentamente valutata avendo, come tutte le procedure chirurgiche, un margine di rischio. Tuttavia in Italia la possibilità di eseguire test di paternità in gravidanza è controversa, soprattutto in vista della successiva interruzione di gravidanza in caso di paternità "non gradita". Esistono infatti norme di segno opposto: ad es. la Legge 194/78 lascia ampie possibilità di scelta alla donna, mentre la Convenzione sui Diritti dell'Uomo e la Biomedicina (Convenzione di Oviedo, 1997) e la Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea (Carta di Nizza, 2000), entrambe recepite nella nostra legislazione, sono volte ad evitare ogni "discriminazione genetica", così come anche diversi Codici deontologici che espressamente vietano test genetici sul feto se non per diagnosi o cura di malattie. E l'accertamento della paternità non è certo inquadrabile come "malattia". Nella pratica, di fatto, la spinosa questione del test di paternità in gravidanza è lasciata alla valutazione del singolo esecutore del test. Accertamenti sul DNA fetale nel sangue materno sono già oggi tecnicamente possibili ma le metodiche impiegate non sono ancora state validate dalla comunità scientifica forense internazionale.
TEST CON PRESUNTO PADRE DECEDUTO. Vi sono situazioni in cui è possibile che il presunto padre sia deceduto o, semplicemente, non disponibile. In questo caso le strategie operative andranno valutate caso per caso, eventualmente impiegando i campioni biologici certamente ascrivibili al deceduto. È infatti possibile che il de cuius sia stato sottoposto a biopsie o interventi chirurgici quando ancora era in vita, con disponibilità quindi di tessuti presso gli ospedali dove sia avvenuto l'intervento. In altri casi è possibile sottoporre al test i genitori o parenti stretti dello scomparso: si tratta di casi complessi che necessitano valutazioni caso per caso. Infine l'esumazione dei resti dello scomparso rappresenta talvolta l'unica possibilità per la soluzione al quesito di paternità. In tutti questi casi, trattandosi di campioni appartenenti ad un soggetto che non può validamente disporre del consenso, solo il Giudice civile potrà ordinare l'esecuzione del test.
“Il test di paternità
prevede il consenso degli aventi diritto”
“Profili di illegalità
per il test di
paternità in gravidanza”